Nel linguaggio comune il termine “fame nervosa” indica quell’impulso irrefrenabile che nasce da uno stato d’animo.
É un termine di uso comune per indicare quella che gli esperti di comportamento alimentare chiamano “emozional eating”, la tendenza a utilizzare il cibo come strategia per affrontare eventi come rabbia, noia, solitudine, stress, tensione, fatica, ansia o depressione. Una giornata storta, una litigata, una delusione lavorativa: sono tipici esempi di possibili cause per lo scatenarsi di un impulso irrefrenabile a mangiare, più o meno consapevole. Secondo alcuni sondaggi, di fronte a frustrazioni affettive e stress, una gran percentuale di persone usa il cibo come “consolazione”.
In particolare, il 70% degli intervistati abusano di dolci e il 30% esagerano con i salati: biscotti, pizza, snack, stuzzichini vari…. sembrano essere i migliori amici in alcuni momenti.
Il desiderio di cibo diventa quindi indipendente dal sano bisogno fisiologico di nutrirsi.
Questo meccanismo non solo non aiuta a risolvere i problemi, ma tende a crearne di nuovi. Mangiare può esser visto come la soluzione per scappare da un disagio, ma in realtà è un comportamento che crea un circolo vizioso e un legame disfunzionale tra emozioni e cibo.
Una fame di tipo emotivo si differenzia dalla fame fisica per alcune caratteristiche:
- la prima è improvvisa, insistente, precisa (voglia di pasta, o di gelato..), non cessa anche se la pancia è piena.
- La fame fisica invece tende ad arrivare più gradualmente, è basata su reali necessità fisiologiche e non genera sensi di colpa.
Il primo grande passo è occuparsi dei propri pensieri. Più pensiamo e rimuginiamo e più ci deprimiamo sperando di trovare nel cibo un momento di piacere.
Spezzare la relazione tra disagio e cibo compensatorio è fondamentale. Una mente “acida” non ci aiuta in questo.
Chiamo mente acida l’insieme delle caratteristiche psico-emozionali che sono attribuibili ad una mente accompagnata da pH acido della matrice extracellulare. Se una persona è acida nei suoi tessuti, questo verrà percepito dal sistema limbico, che è il nostro cervello arcaico, come presenza di una minaccia. Ciò creerà una mente in perenne agitazione, in apprensione, in allarme. L’irrequietezza sarà la sua regola, nell’affrontare le situazioni quotidiane.
La persona con la mente acida non sarà mai mentalmente laddove si trova fisicamente: sarà sempre altrove, centrata sul passato o su ciò che deve ancora avvenire.
E allora la capacità di rimanere padroni di se stessi e dei propri comportamenti, nel presente, diminuisce. Si perde la “centratura”, la capacità di essere pienamente nel Qui e ora, protagonisti del proprio vivere. Ci si ritrova vittime dei propri stati d’animo e dei propri impulsi, fra i quali quello di ingurgitare cibo è molto comune, perché piacevole e spesso a portata di mano. Biscotti o pizza sembrano essere l’unica soluzione, o almeno quella più vicina e pratica.
Azione e Re-Azione
La differenza tra essere vittime di noi stessi e padroni creativi del proprio vivere presuppone un relazionarsi al proprio mondo interiore e a quello esterno basato su Azioni, e non Reazioni.
Quando reagiamo a qualcosa (che sia uno stato d’animo, quindi uno stimolo interno, o che sia una persona o una circostanza, quindi uno stimolo esterno), stiamo affidando le sorti della nostra vita a quel qualcosa, che tutto può essere tranne la voce più autentica di noi stessi.
Può essere la paura di stare soli, e così reagiamo cercando di anestetizzare quella paura, per esempio.
Quando invece agiamo, vuol dire che muoviamo le nostre azioni da una posizione di consapevolezza, guidati da una nostra decisione.
Succede allora che di fronte alla percezione della paura di solitudine, invece di aprire la bocca per mangiare si riesca a trovare uno spazio di silenzio, che si frapponga tra l’impulso e la sua cieca soddisfazione.
Mangiare con i sensi
Non si mangia solo con la bocca; concentrarsi sui colori, sull’odore e sul gusto di quello che stiamo assaporando è una piccola grande pratica meditativa di profondo impatto che ci può aiutare nel rapporto che ci lega al cibo.
Come anche fare piccoli morsi, masticare lentamente, dedicare un tempo esclusivo ai pasti lontani da cellulari e computer.
I ritmi frenetici che viviamo fanno di tutto per farci dimenticare che mangiare è un atto sacro, il momento in cui scegliamo e introduciamo i micro e macro nutrienti che diventeranno parte di noi, in una trasformazione alchemica dove la materia diventa nutrimento, fisico, mentale e spirituale.
Ascolta lo stomaco
Mentre mangiamo, o dopo aver mangiato, alleniamoci a prendere confidenza con le sensazioni che ci invia il nostro stomaco: come lo sentiamo? Quanto è pieno? Quanto è vuoto? Di cosa ha bisogno lui, il mio stomaco? Ha bisogno di riempirsi ancora o ci sta chiedendo una pausa?
Se ci può aiutare, possiamo anche visualizzarlo, magari paragonandolo a un palloncino, per immaginare le sue condizioni e necessità.
Amica noia
La fame nervosa è un comportamento che molto spesso trova la sua origine in momenti di noia.
Recenti sondaggi hanno dimostrato che durante la pandemia i disturbi alimentari e anche quello in questione siano notevolmente aumentati a causa del cambiamento delle abitudini e del maggiore tempo trascorso tra le mura domestiche, dove la noia ha più probabilità di affacciarsi. Imparare a gestirla, assaporandola (perché ogni tanto è giusto e sano annoiarsi) oppure evitandola con comportamenti più funzionali (un libro, una passeggiata, un hobby) è importantissimo.
Più mente alcalina
Il ritmo interiore di chi ha una matrice extracellulare alcalina è più lento di quello esteriore: pensieri e sensazioni si manifestano in maniera meno frenetica, più calma; inoltre, ci si sorprende a vivere in linea con l’alternanza della vita, dove varie emozioni si alternano, senza il prevalere disturbante di una sull’altra.
Garantendo un giusto pH alla nostra MEC (matrice extra cellulare, per approfondimenti: “Vivere alcalini, Vivere felici”, Dott. Andrea Grieco) ci assicuriamo un aiuto nella gestione del proprio mondo interiore.
Quando siamo in pace con noi stessi, sereni, felici, pieni di voglia di vivere, di solito ci “dimentichiamo” del nostro corpo, ci sorprendiamo ad esserne più “amici” e quindi rispettosi delle sue effettive e reali necessità.
Scritto da: Manuela Grieco
Naturopata, Life coach, insegnante di meditazione